Olmi e collaboratori durante una scena del film
Il tempo
si è fermato

Lettera di Marco Vitale
a Giangiacomo Schiavi

Olmi e alcuni suoi collaboratori durante le riprese di una scena del film Il tempo si è fermato.
È forse in questo gruppo il giovane 'Antonio' che il regista riconobbe a Cedegnolo, dopo 70 anni.
Citylife, Milano 15 settembre 2018. " Dialoghi con la città amica, Omaggio a Ermanno Olmi " è uno degli incontri più sentiti. A ricordare l’amico scomparso da poco è Marco Vitale, l’economista che con il grande regista ha condiviso una visione della vita e del mondo profondamente umana e cristiana.
    Caro Schiavi,

l’incontro a “Fuori Cinema” su Ermanno Olmi è stato molto bello e vi sono grato per l’invito. Ho apprezzato tra l’altro molto la grande attenzione del pubblico che dimostra che la maggioranza era formata da persone che sapevano chi era Ermanno.
Avrei voluto dire ancora due cose che forse potranno interessare qualcuno dei presenti. Perciò approfitto della sua rubrica per raccontarle.
Uno dei film più belli e profondi di Ermanno è: Il tempo si è fermato. È del 1959 quando Ermanno aveva 27 anni ed è il primo film a soggetto, subito dopo i documentari per l’Edison. Fu girato su una diga dell’Adamello in mezzo ai ghiacciai, collegata ad una centrale elettrica di Cedegolo (Alta Valcamonica), un edificio solido e bellissimo del primo novecento, costruito quando gli ingegneri italiani sapevano costruire strutture non solo funzionali ma anche bellissime e che non cadono. Oggi ospita un intelligente museo dell’elettricità che fa capo alla Fondazione Musil di Brescia.
Una decina di anni fa, forse più, ebbi la gioia di accompagnare Ermanno in quei luoghi dove era stato giovane ma già bravissimo regista. La sera prima avevamo pernottato all’Eremo di Bienno dove proiettammo: Il tempo si è fermato. Ermanno non stette tra noi per la proiezione perché non amava rivedere i suoi vecchi film. Ma prima di ritirarsi ci spiegò il senso del film, dandoci una chiave di lettura molto importante. La mattina dopo andammo a Cedegolo con la mia macchina e ci fermammo davanti alla Centrale. Dalla strada si scende alla Centrale attraverso un ampio scalone che sfocia in un piazzale davanti all’ingresso della Centrale. Ermanno scese lentamente dallo scalone appoggiandosi a me. Il piazzale era pieno di gente che guardava a Ermanno, molto amato in Alta Valcamonica. A metà dello scalone Ermanno fissò lo sguardo su un omone più o meno della sua età e della sua stazza fermo in mezzo al piazzale. E…, e disse un nome che non ricordo, forse Antonio. Da quel momento accelerammo la discesa e Ermanno andò diritto verso Antonio e si strinsero in un lungo intenso commovente abbraccio. La gente si strinse intorno silenziosa e rispettosa. Aveva capito che quell’abbraccio aveva un significato particolare. Antonio, di pochi anni più giovane di Ermanno, era il giovane che portava, nel 1959, in giro gli attrezzi cinematografici in occasione delle riprese di Il tempo si è fermato. Erano passati 60 o 70 anni da allora e i due non si erano più rivisti ma quei giorni passati sui ghiacciai dell’Adamello, entrambi li portavano nel cuore. Fu un momento di grande intensità umana.
La seconda cosa è molto più breve. Voglio dire che Ermanno non era un “cineasta” come mi è capitato di sentire anche nel corso della Sua intervista a Piano. Non attribuisco nessun significato negativo a questa parola, tecnicamente ineccepibile. Ma Ermanno non era un cineasta, era un poeta che usava la cinepresa.

Cari saluti.

Marco Vitale