Arthur Herman, l’autore di How the Scots invented the Modern World (New York, Three Rivers Press 2011) scrive: "Nel Settecento la Scozia era la più povera nazione indipendente d’Europa. Eppure questo paese culturalmente arretrato riuscì a diventare la ruota motrice del progresso europeo). Nessuno all’inizio del settecento poteva minimamente prevedere che la Scozia del ’ 700 avrebbe dato i natali ad Adam Smith (fondatore della teoria economica moderna), a Adam Ferguson (fondatore della sociologia) e James Hutton (fondatore della geologia), a scrittori vigorosi come Walter Scott, a filosofi come David Hume, a fisici come James Maxwell, a inventori come Graham Bell (insieme a Meucci, inventore del telefono) e James Watt (inventore della macchina a vapore), a Matthew Boulton (un imprenditore che con una serie di innovazioni rese più efficiente e diffondibile la macchina di Watt), a James Young (inventore del metodo di raffinazione del petrolio) e altri. Gli storici indagano le ragioni di questo imprevedibile sviluppo. Certamente tra le cause vi fu John Knox, un severo riformatore calvinista, chiamato il Martin Lutero della Scozia, che spinse la popolazione e gli ordinamenti sulla via del lavoro duro e dell’istruzione. Il popolo doveva poter leggere la Bibbia da solo e così il "primo libro di Disciplina di Knox" (1560) poneva il tema della necessità di un sistema di istruzione nazionale obbligatoria. Ottant’anni più tardi il Parlamento approvò la prima legge in questo senso e nel 1696 istituì l’obbligo di una scuola in ogni parrocchia (finanziata dalla comunità locale). Il risultato fu che nel 1750 il tasso di scolarizzazione della Scozia era del 75 per cento contro il 53 per cento dell’Inghilterra, che in ogni paese anche di piccole dimensioni c’era una biblioteca pubblica e verso la fine del ’ 700 il tasso di scolarizzazione della Scozia era fra i più alti mai registrati in qualsiasi paese del mondo.
Mi sono soffermato su questa straordinaria vicenda per sottolineare due fatti. II primo è 1a difficoltà di fare previsioni a lungo termine in materia economico-sociale perché c’è sempre, fortunatamente, un cigno nero che, nel bene o nel male, spariglia le carte e rende la vita delle persone e dei popoli imprevedibile. Goethe definiva il flusso della storia come: "L’arcano laboratorio di Dio". Basta del resto rileggere cosa scrivevano i maggiori economisti dello sviluppo negli anni ’ 50 sul prevedibile futuro del Giappone o della Cina negli anni ’ 70, negando ad entrambi i paesi qualunque possibilità di sviluppo, per avere conferma di tale difficoltà. Il secondo è l’importanza dell’istruzione e dell’intelligenza come fattori primi dello sviluppo, importanza che non è certo una scoperta del nostro tempo. Tutta la scuola italiana del pensiero dello sviluppo e dell’economia civile (dall’illuminismo napoletano a quello lombardo) è pervasa da questo tema sino al vertice rappresentato dal saggio di Carlo Cattaneo (1861) intitolato: Del pensiero come principio di economia pubblica che è uno dei saggi più potenti mai scritti sulle radici dello sviluppo.
E ciò mi porta alla seconda riflessione che voglio fare. C’è chi pensa che lo sviluppo economico inizi solo con l’industrializzazione. E allora Firenze, Siena, Venezia, Genova i grandi commerci, i grandi imprenditori come il pratese Francesco Datini che, fattosi dal nulla, lasciò ad un istituto di beneficenza un’eredità di 600.000 fiorini d’oro pari a 247 kg di oro fino a 18 carati e gli esemplari istituti di assistenza sociale come l’Ospedale degli Innocenti di Firenze progettato dal Brunelleschi e finanziato sempre dal Datini, tutto questo e tanto altro da dove viene, cosa rappresenta? Naturalmente gli storici veri la pensano in modo diverso. Come Braudel, che di Genova scrisse: "se mai esiste una città diabolicamente capitalista prima dell’età capitalista europea e mondiale, è proprio Genova, opulenta e sordida nello stesso tempo" e ricorda che le galere genovesi istituirono un servizio regolare di linea fra Genova e Bruges nel 1295 e che ci parla dei grandi scambi fra Genova e Istanbul, la New York del XVI secolo, con 700.000 abitanti (contro i 300.000 di Parigi, i 200.000 di Napoli, i 100.000 di Londra).
Certamente in questi ricordi vi è un buon carico di nostalgia, ma non solo. Dobbiamo rifondare molte cose. E nel fare ciò dobbiamo ritrovare anche nella nostra storia le radici vere dell’impresa del terzo millennio. Dobbiamo liberarci dai pestilenziali modelli del capitalismo finanziario e selvaggio di matrice anglosassone, culturalmente e moralmente devastanti, che abbiamo rifilato a molte generazioni per quasi cinquant’anni. E riprendere, invece, i modelli dell’impresa toscana, lombarda, genovese, veneziana, quando l’imprenditore italiano era ai vertici mondiali ed insieme creava modelli di città, di benessere serio, di convivenza civile. Andiamo a Siena a riflettere come i grandi lanaioli e mercanti senesi abbiano, al contempo, creato grande ricchezza ed una grande cattedrale, un grande palazzo del popolo, una grande banca, che proprio nei giorni nostri hanno tentato di distruggere, un grande ospedale, Santa Maria della Scala, organizzazione esemplare per tutta Europa. Siena è la testimonianza viva che non esiste conflitto tra buona economia imprenditoriale e umanesimo civile, in uno sforzo continuo per tenere insieme economia, finanza, buon governo, arti, spiritualità, istituzioni sociali. Andiamo a riflettere sugli affreschi di natura civile sul Buongoverno di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo del Popolo e sugli affreschi di assistenza sociale del grande ospedale (grande impresa) di Santa Maria della Scala. Il progetto "Wellfare" non nasce nell’ottocento o nel novecento ma nasce lì, quando istituzioni produttive (imprese), opere di assistenza sociale, cultura si saldano in un patto di buongoverno che dona frutti meravigliosi, dei quali ancora oggi beneficiamo. La responsabilità prima degli imprenditori è, oggi, quella di collaborare all’uscita da una concezione economica fine a sé stessa, che si è cacciata in un vicolo cieco senza speranza, per ricostruire un nuovo modello di sviluppo economico, sociale culturale, riaprendo ed aggiornando tanti esempi, stimoli, insegnamenti dei quali la nostra storia è così ricca.
“Incontri di economia e finanza Agostino Passadore”
Palazzo Ducale, Sala del Maggior Consiglio - Genova, 13 novembre 2013